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CARTONI ANIMATI, Figli, IO, media, Peppa Pig, Pollon, società, televisione
Capita che in classe di mio figlio (seconda elementare), la maestra e una mamma archeologa stiano portando avanti un’iniziativa didattica per far imparare ai bambini nozioni di cultura e arte dell’antichità, tramite giochi e racconti adatti all’età….a mio parere un grande arricchimento, per una generazione che rischia nel futuro prossimo di avere come background culturale un’unica grande “app” e di credere che il genio umano sia nato con Steve Jobs.
I bambini hanno dunque iniziato a prendere confidenza con la Mitologia Greca, mostrando un entusiasmo davvero incoraggiante, mio figlio è rimasto particolarmente colpito da Hermes e mi ha raccontato tutto contento, la storia che aveva ascoltato.Questa lunga premessa per dirvi che a quel punto, ho fatto una cosa che ogni mamma coscienziosa, matura e quasi quarantenne si sarebbe sentita in dovere morale di fare per contribuire al lavoro didattico e arricchire ulteriormente il bagaglio culturale del proprio figlio:
Gli ho fatto conoscere e vedere, gli episodi di Pollon.Così, guardando insieme a lui le vecchie avventure della piccola figlia di Apollo, nipote di Zeus e Era, amica di Eros e lontana parente di quasi tutte le divinità dell’Olimpo, mi sono resa conto di quanto ancora mi facciano sorridere, e di quanto sia totalmente impossibile che tra trent’anni mio figlio possa dire la stessa cosa di Peppa Pig.
Alla fine del terzo episodio, con mio figlio che rideva dei pasticci combinati da Pollon, ho riflettuto un po’ sul parallelo generazionale dei cartoni, e a parte le scontatezze (ma sacrosante verità) sulle sigle più belle, sul successivo monopolio delle stesse da parte di Cristina D’Avena, sui disegni più ricchi e le trame più avvincenti, ho concluso che stiamo crescendo una generazione il cui pensiero-non-libero è già costruito e confezionato da qualcun altro, e prontamente consegnato via “format” (una parola peraltro bruttissima).
Anni fa, i tempi dell’apprendimento erano ben diversi, e fino alla prima elementare si GIOCAVA APPRENDENDO, e i cartoni animati erano qualcosa in più, che in molti casi STIMOLAVANO la fantasia lasciando spazio alla libera interpretazione e allo spirito critico del bambino.
Da quando la società ha dato alla televisione un ruolo didattico “pre-scolastico”, credo si sia creata automaticamente una dimensione in cui il bambino deve essere pre-tutto, perdendo pian piano l’abitudine al gioco vero, quello che insegna attraverso le sue stesse regole, ed è un vero peccato perché giocando è il bambino stesso a creare il proprio mondo su misura, non il contrario.In questo contesto, un cartone animato come Pollon non trova spazio perché non è catalogabile secondo i parametri attuali:
Non è pre-scolastico.
Non è tecnologico.
Non ha nemmeno un mostro alieno.Pollon si limita semplicemente a far ridere, fa ridere trattando con ironia tematiche anche familiari e sentimentali, e fornisce qualche nozione di mitologia greca, ma è ricco di quella semplicità che ora non c’è più ma che permette invece al bambino di costruire mentalmente un’interpretazione e riscontrarla con la realtà.
Vi sfido a fare la stessa cosa di fronte al trenino di Nonno Pig (si chiama proprio così) che fa Ciuf Ciuf.(PS: Io cerco di resistere in ogni modo, credetemi, è una continua lotta)